CSR partnership
7 Marzo 2019
Sviluppo sostenibile e partnership

L’Agenda 2030 delle Nazioni Unite indica la definizione di nuove forme di partenariato tra gli obiettivi chiave per lo sviluppo sostenibile. Le alleanze diventano così uno dei principali motori della CSR.

Tutti possiamo fare qualcosa a favore dell’ambiente e la società. Ma ci sono sfide – come la lotta ai cambiamenti climatici, la costruzione di una società più equa e inclusiva – che una singola organizzazione non potrà mai vincere da sola. Fare massa critica, mettendo in comune risorse e competenze, è il senso dell’obiettivo 17 dell’Agenda 2030, ovvero una delle priorità che l’ONU ha identificato per uno sviluppo globale all’insegna della sostenibilità.

È un invito alle aziende, ma anche alle organizzazioni pubbliche e le tantissime realtà che nella società civile possono operare in rete e attivare collaborazioni di valore. Proprio le partnership sono state al centro di un workshop organizzato dal CSR Manager Network durante il quale, presentando una serie di esperienze italiane, ne sono emerse le potenzialità, ma anche le complessità come la difficoltà di misurare l’impatto dei programmi, e di dare continuità nel tempo a iniziative che, pur molto efficaci, rischiano di rimanere best practice isolate.

Sulla replicabilità e l’estensione dei progetti ha insistito tra gli altri Salvatore Castiglione di Danone parlando di ViviSmart e ABCD, l’alleanza che impegna Barilla, Coop Italia e la stessa Danone nel comune intento di dare una risposta al problema dell’obesità infantile. Partito in quattro città con un centinaio di famiglie e una decina di scuole, ViviSmart ha già coinvolto quasi 2,5 milioni di persone e, secondo il monitoraggio condotto dall’Università LUMSA, ha dimostrato di saper trasformare in positivo le abitudini alimentari e lo stile di vita dei ragazzi. La sfida delle tre aziende è ora quella di far evolvere l’esperienza e portarla a livello nazionale.

Il caso di ABCD mette in luce anche un altro aspetto, cioè la necessità che i partner si riconoscano negli stessi valori e interessi, così da mettere in piedi una vera alleanza e non una semplice, occasionale cooperazione. Questo tipo di sinergia è ancora più complicata quando si tratta di progetti internazionali: è ad esempio una delle scommesse della neocostituita Alliance to End Plastic Waste, che ha riunito quasi 30 multinazionali con l’obiettivo di combattere l’emergenza dei rifiuti in plastica e promuovere l’economia circolare. Hanno aderito realtà del calibro di BASF, Dow, ExxonMobil, Henkel, P&G, Suez e Total, con un investimento comune di oltre 1 miliardo di dollari e l’ambizione di ottenere risultati su scala globale entro i prossimi 5 anni.

Ma le alleanze non nascono solo dalla volontà dei privati, spesso sono sollecitate e incoraggiate dagli enti pubblici. Un’esperienza interessante è quella del Comune di Milano, dove è di particolare attualità il tema della resilienza rispetto alle sfide climatiche e ambientali, ma anche alle problematiche socio-economiche. Piero Pelizzaro, Chief Resilient Officer, ha ribadito la centralità delle partnership per rendere la città capace di comprendere i rischi a cui cittadini e imprese sono sottoposti, e trovare soluzioni per mitigare ad esempio gli effetti dei disastri naturali (incendi, esondazioni, fenomeni meteo estremi, ecc.). Dalla collaborazione con le società partecipate come MM, ATM e A2A, fino all’ingaggio delle aziende e le attività commerciali (come sta accadendo per il progetto ‘Milano plastic free’), l’idea è quella di aggregare l’impegno delle persone intorno a iniziative e programmi condivisi.

Senza dimenticare che le alleanze per lo sviluppo sostenibile possono diventare un volano per consolidare il consenso e la reputazione, tanto di un’amministrazione pubblica quanto di un’impresa.

Il corporate activism in tempo di guerra

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