bugia
12 Ottobre 2020
Stai mentendo, te lo leggo in faccia

L’analisi del linguaggio paraverbale e non verbale permette di decifrare molte emozioni, rivelando – tra le altre cose – chi sta cercando di mentire

Secondo la definizione Treccani, la bugia è l’alterazione, la negazione o l’occultamento consapevole e intenzionale della verità. Chi mente dunque sa di mentire, ed è pronto a mettere in campo tutte le strategie che conosce per essere creduto, articolando bene la sua storia, studiandone i dettagli, calibrando il racconto parola per parola.

C’è un aspetto che però non è tanto facile da gestire: perché la bugia funzioni, bisogna riuscire a dissimulare le emozioni che essa suscita. Salvo i mentitori patologici e gli attori nati, la maggior parte delle persone non riesce a controllare perfettamente il proprio linguaggio paraverbale (la voce) e non verbale (la mimica, la postura e la gestualità), soprattutto quando la menzogna genera un’emozione molto intensa come la rabbia o il panico, quando diventa troppo forte la paura di essere scoperti, quando si è sopraffatti dal senso di colpa collegato all’inganno o all’atto stesso di mentire.

Lo psicologo americano Paul Ekman ha condotto fin dagli anni Settanta ricerche ed esperimenti sulla rappresentazione delle emozioni attraverso le espressioni facciali. Partendo dall’idea che sono pochissimi coloro che in situazioni reali sanno sostenere una ‘poker face’, ovvero il viso totalmente inespressivo tipico dei giocatori di carte, Ekman ha esaminato e confrontato centinaia di contesti diversi, dalle relazioni coniugali ai colloqui medico-paziente, dagli interrogatori di polizia ai confronti fra avversari politici.

Spesso si dice che, quando qualcuno si tocca il naso durante una conversazione, probabilmente sta nascondendo qualcosa. Dagli studi di Ekman sappiamo però che la voce, la postura e la gestualità sono abbastanza facili da educare, per cui poco attendibili come indizi di falso. Anche quando notiamo la voce più stridula, la maggior frequenza di un tic nervoso o di uno dei cosiddetti gesti di manipolazione (rigirare l’anello sul dito, arrotolare una ciocca di capelli, mangiarsi le unghie, lo stesso toccarsi il naso), possiamo dedurre che il nostro interlocutore sia a disagio per qualche motivo, ma non possiamo avere la certezza che stia raccontando una bugia.

Escludendo di poter misurare nella quotidianità le alterazioni somatiche prodotte dal sistema nervoso autonomo in caso di emozioni intense (la respirazione accelerata, la sudorazione, il rossore, la dilatazione delle pupille, ecc.), Ekman suggerisce di prestare molta attenzione al viso, che è fonte di moltissime informazioni perché mescola espressioni volontarie e mimiche involontarie. Se da un lato il volto aiuta il bugiardo a mentire, rappresentando quello che vorrebbe farci credere, dall’altro dice la verità perché mostra almeno una parte di quello che vorrebbe dissimulare.

Contrariamente a quanto si pensi, non sono gli occhi il vero specchio dell’anima, né esiste un’espressione che al 100% possiamo collegare alla sincerità. Secondo Ekman, il viso lascia trasparire le emozioni autentiche di una persona attraverso le microespressioni, ovvero mimiche emotive complete, in genere a tutto viso, che durano meno di un quarto di secondo. Quando riusciamo a intercettarne una, possiamo essere ragionevolmente certi di aver colto il reale stato emotivo di chi abbiamo di fronte. Le espressioni artefatte, da osservare con sospetto perché possibili segnali di una bugia, tendono a essere asimmetriche oppure più accentuate in una metà del visto, restano invariate piuttosto a lungo e in genere non sono ben sincronizzate con le parole e i gesti di chi sta mentendo.

Come smascherare, ad esempio, un falso sorriso? Ekman direbbe che il sorriso menzognero coinvolge solo le labbra e la parte inferiore del viso, modifica poco o per nulla le guance e la zona sotto gli occhi, non fa abbassare le sopracciglia. È più asimmetrico di uno sentito, scompare troppo bruscamente e non corrisponde alla conversazione in corso.

L’interpretazione degli indizi comportamentali richiede comunque alcune cautele, perché non tutte le mimiche e gli indizi hanno una spiegazione univoca. Ognuno di noi ha un’espressività particolare, che bisognerebbe conoscere bene per evitare di equivocare alcuni segni, inoltre la valutazione potrebbe essere inquinata se chi osserva ha un preconcetto sul sospettato, oppure se il contesto diventa elemento di disturbo. Basandosi solo sull’analisi del linguaggio paraverbale e non verbale si rischia di incorrere in un falso positivo, giudicando bugiardo un onesto, oppure in un falso negativo, finendo per cadere nel tranello della bugia.

Nessuno vuole fare l’errore di Otello, che nella tragedia shakespeariana uccide la moglie Desdemona perché attribuisce il suo dolore alla notizia della morte dell’amante, mentre in realtà lei è disperata perché sa di non poter convincere il marito della sua innocenza. Meglio dunque usare più tecniche di indagine, confrontando i risultati per evitare di prendere un granchio.

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