15 Maggio 2018
Il nostro bisogno antropologico di storie

L’arte della narrazione è stata al centro della storia umana per migliaia di anni, sin dall’età paleolitica. Nonostante l’evoluzione dei modelli sociali, economici e culturali, gli ingredienti che fanno amare una bella storia non sono tanto cambiati nel corso dei secoli.

Leggere un libro, guardare un film o un video online, ascoltare la radio o chiacchierare con un amico: gli adulti spendono almeno il 6% del loro tempo diurno immersi nelle storie. Poiché le storie attivano diverse aree della corteccia cerebrale che sono particolarmente coinvolte nelle elaborazioni di carattere sociale o emotivo, gli psicologi e gli studiosi di letteratura hanno concluso che la nostra “fiction-dipendenza” è legata innanzitutto alla necessità di trovare un sistema valido con cui simulare il mondo intorno a noi e le strategie sociali per affrontare determinate situazioni. Questo spiegherebbe, ad esempio, perché chi legge di più ha meno difficoltà a comprendere gli altri.

Come scrive BBC Culture, le storie che apprezziamo oggi sono costruite sulle stesse preoccupazioni preistoriche che hanno ispirato le incisioni rupestri in Val Camonica, nei siti di Chauvet e Lascaux in Francia, o la pittura aborigena in Australia. Molto prima dell’avvento della scrittura, queste forme di narrazione erano accompagnate da racconti orali e avevano lo scopo di trasmettere alla comunità degli insegnamenti utili – di cui ancora abbiamo bisogno, secondo il filone di studi noto come “darwinismo letterario”.

La cooperazione è stata identificata come una di quelle lezioni. Cerchiamo storie che ci aiutino a risolvere i nostri drammi sociali e prendere decisioni morali, imparare i comportamenti che regolano il nostro ambiente, capire come interagire con gli altri, come esercitare la leadership e il controllo. La collaborazione è in effetti uno dei temi chiave di molte narrazioni celebri, dall’epopea di Gilgameš all’Odissea di Omero, fino ad alcuni dei romanzi più famosi del 19° e 20° secolo, incluse tante favole per bambini.

Altro tema che non passa mai di moda è il male e come fronteggiarlo. La Lady Macbeth di Shakespeare, Capitan Uncino di Peter Pan, Darth Vader di Star Wars o Lord Voldemort della saga di Harry Potter sono alcuni esempi del fascino che i cattivi continuano ad avere. Siamo attratti dagli antieroi che risvegliano il nostro istinto di sopravvivenza, ma anche il senso di altruismo e fedeltà al gruppo.

Ultimo, ma non meno importante, abbiamo ancora bisogno di storie che ci parlino di relazioni personali e dinamiche fra i sessi, che richiamino il nostro ancestrale desiderio di perpetrare la specie umana. La scelta tra una rassicurante figura paterna e un “bello e dannato” attraversa la letteratura romantica di ogni tempo, dalle opere di Jane Austen al Diario di Bridget Jones. Siamo ancora in cerca di indizi per trovare il partner ideale e risolvere i possibili conflitti famigliari che potrebbe portare con sè.

“Se si leggessero i resoconti delle osservazioni sistematiche dei branchi di scimpanzé”, scrive il romanziere Ian McEwan nella raccolta di saggi L’animale letterario, “si troverebbero tutti i temi cari alla letteratura inglese del 19° secolo: alleanze siglate e infrante, successi individuali dovuti alla caduta altrui, trame e vendette, gratitudine, onore e offese, corteggiamenti riusciti o meno, lutti e sofferenze”.

Chi vuole trovare (o scrivere) la miglior storia di tutti i tempi, non si allontani troppo dalla giungla e dai nostri antenati.

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