L’utente tipico di Internet trascorre online più di 6 ore al giorno, dice il Digital 2024 Global Overview Report di We Are Social. Considerando una media quotidiana di 400 minuti per persona, quest’anno il mondo trascorrerà sul web un totale di 780 trilioni di minuti. Per fare cosa? Comunicare, informarsi, utilizzare servizi di vario tipo, giocare… districandosi tra un’impressionante mole di contenuti che si moltiplicano in Rete di giorno in giorno, di ora in ora, di minuto in minuto.

Non è solo questione di quantità. È cambiato il formato dei contenuti a cui siamo esposti, un mix di testi, immagini, audio, video ed esperienze interattive come i videogiochi. È cambiato il modo in cui questi contenuti vengono prodotti e distribuiti: solo una parte è oggi creata dall’uomo. I nuovi strumenti di Intelligenza Artificiale Generativa (GenAI) hanno infatti reso possibile la produzione automatizzata e su larga scala di contenuti che, grazie allo sviluppo ultrarapido della tecnologia, hanno una qualità sempre più elevata.

Il filosofo Luciano Floridi, che già aveva coniato il neologismo onlife per descrivere il nostro mondo iper-connesso e il superamento della distinzione tra online e offline, parla di una società post-Vitruviana, dove dobbiamo accettare il fatto che non tutti i contenuti e i loro significati siano umani. Dobbiamo cioè riconoscere che l’AI è ora in grado produrre contenuti indistinguibili da quelli umani ma altrettanto validi, dando un senso del tutto nuovo al concetto di autenticità.

Secondo Floridi, le metodologie e le prassi che abbiamo finora usato per governare i contenuti sono oggi insufficienti perché non ci permettono di comprendere le trasformazioni che stiamo vivendo. Nel suo ultimo paper, preparato per il Digital Ethics Center dell’Università di Yale, Floridi getta le basi per quella che potrebbe diventare una nuova disciplina accademica: i Content Studies.

Di cosa si tratta? I Content Studies mettono insieme le conoscenze maturate dalle scienze umane, sociali e computazionali e introducono un metodo innovativo per studiare e modellare il futuro dei contenuti. Avere un unico framework analitico consente, sostiene Floridi, un approccio multidisciplinare molto più solido da applicare all’intero ciclo di vita di un contenuto, che comprende la sua ideazione, la produzione, la distribuzione, il consumo e la possibile trasformazione o manipolazione.

Al di là dell’interesse accademico, sono tante le applicazioni che il professore intravede, dal contrasto della disinformazione all’approfondimento dei pregiudizi algoritmici, dallo sviluppo di materiali educativi più inclusivi alla produzione di notizie di miglior qualità.

La strada per ottenere il consenso e avviare questa nuova disciplina non sarà breve, ma Floridi spera non passi troppo tempo prima di poter andare a lezione di Content Studies. Ci insegnerà a navigare le nuove complessità della creazione e del consumo di contenuti, e a creare una società digitale più etica, inclusiva e informata?

 

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