La crisi climatica, il rinnovato interesse per i diritti civili, le elezioni presidenziali USA. Il 2020 sarà ricordato come l’anno della pandemia ma, per chi si occupa di comunicazione digitale, anche come la stagione in cui anche i più scettici si sono avvicinati ai social e alcune funzionalità prima poco note sono diventate all’improvviso popolari, tra cui gli eventi live o lo shopping tramite realtà aumentata.
Se i social sono cresciuti ed entrati nella quotidianità (in Italia sono 35 milioni gli utenti attivi, quasi 37 milioni in marzo durante il lockdown), è aumentata anche la consapevolezza delle distorsioni che le piattaforme possono generare, ad esempio fake news e spirali di disinformazione, bolle d’opinione, odio e voci distruttive.
Il 2020 sembra dunque suggerire l’inizio di una nuova fase. Ecco perché We Are Social ha titolato The Social Reset la ricerca annuale Think Forward che indaga le direzioni in cui si muove la comunicazione digitale.
“Negli ultimi mesi è cambiato tutto. Siamo stati costretti a usare i social, che sono passati da nemico pubblico numero uno a strumento essenziale. Ci siamo dovuti educare, in un processo di comprensione e disincanto, e abbiamo capito i perimetri delle varie piattaforme. Siamo in grado di selezionare meglio le informazioni, fruiamo i contenuti in maniera diversa”, spiega Bruno Tecci, head of strategy di We Are Social, presentando il rapporto. “Ci affacciamo al 2021 con una nuova consapevolezza: utilizziamo i social media come estensione del mondo reale, prestiamo più attenzione a quello che leggiamo e diamo più importanza a quello che pubblichiamo. E quindi, forse, stiamo andando nella giusta direzione”.
Delle sei tendenze evidenziate dallo studio, la più interessante è quella definita Simple life, ovvero l’uso dei social per semplificare la comprensione e l’interazione con il mondo. A livello pratico, questo si traduce in due tipi di comportamenti in apparenza opposti. Da un lato, si frequentano i social per entrare in contatto con le comunità – virtuali in alcuni casi, reali in molti altri – di cui si condividono interessi e valori. Pensiamo ad esempio al fenomeno delle social street di Bologna e Milano, gruppi spontanei che si aggregano su Facebook per scambiare informazioni, contatti, servizi utili a chi vive in un certo quartiere. Oppure alle numerose campagne di crowdfunding per sostenere le attività colpite dal Covid-19, come i bar, le palestre o i cinema, lanciando dei meccanismi di couponing o raccolte solidali.
Dall’altro lato, il report evidenzia che, per una buona fetta di utenti, la Simple life si traduce nel desiderio di evadere dalla complessità della realtà, cercando online un mondo alternativo in cui rifugiarsi per un momento di relax. Da qui il successo di giochi come Animal Crossing con i suoi avatar ultra personalizzati, ma anche le feste virtuali su Minecraft con cui tanti ragazzi hanno festeggiato la promozione la scorsa estate.
Significativo anche il trend definito Reliable idols. In un tempo in cui il confine tra informazione e intrattenimento è abbastanza labile, le persone guardano agli influencer non solo come fonte di consigli per gli acquisti, ma come voce autorevole su temi di attualità. Anzi, sempre più ci aspetta che gli influencer mettano la propria visibilità al servizio di cause importanti, e sempre più ci allontana da chi non riesce a fare questo “salto di qualità”.
Qualche esempio? Celebri (e non senza polemiche) i casi dei Ferragnez ingaggiati per ricordare l’uso della mascherina, Selena Gomez impegnata a far uscire dall’ombra chi soffre di depressione, oppure lo youtuber @nels9bills che promuove l’importanza dell’educazione finanziaria tra i più giovani. Un nuovo modo delle celebrity di proporsi nell’arena social e – per le aziende – una potenziale nuova strada per l’influencer marketing.
L’approccio fluido della Generazione Z alla creazione di contenuti è l’elemento che sostiene un altro trend rilevante, quello della creatività collaborativa, ovvero la possibilità di coinvolgere il proprio pubblico nella co-progettazione dei contenuti, utilizzando i social come piattaforma di co-realizzazione. Lo fanno sempre più spesso cantanti e artisti (Dua Lipa ha raccolto oltre 1,4 miliardi di visualizzazioni in 6 settimane sollecitando via TikTok contributi per il suo ultimo video musicale), possono farlo anche i brand integrando gli user generated content nelle loro strategie di content marketing.
Altri articoli
5 Maggio 2025
Violenza di genere, quando a colpire è lei
La violenza commessa dalle donne trova meno spazio sui media, certamente perché…
28 Aprile 2025
Violenza di genere, ancora donne colpevoli e troppa himpathy
Il femminicidio di Giulia Cecchettin ha rappresentato una svolta. Il racconto…
16 Aprile 2025
L’elefante nella stanza
L’Institute for Crisis Management ha tracciato quasi 2 milioni di episodi di…
27 Marzo 2025
A lezione di Content Studies
Le tecnologie e le piattaforme digitali hanno rivoluzionato il nostro modo di…
31 Gennaio 2025
In fuga dalle notizie
Sono in aumento le persone che, in molti paesi del mondo, tendono a evitare le…
27 Novembre 2024
Le parole giuste
A un buon comunicatore non dovrebbero mai mancare le parole giuste. Oltre 2.500…
22 Settembre 2024
Il gergo aziendale, comodo ma…
Molti di noi lo trovano fastidioso, ma a volte serve. Usare o meno il gergo…
5 Settembre 2024
Il web e l’illusione dell’utente attivo
Tra gli anni Sessanta e Settanta, negli Stati Uniti il professor George Gerbner…
27 Giugno 2024
Quanto conta un buon Comitato di Crisi?
È meglio affrontare la crisi quando non c’è. In tema di crisis preparedness, un…
8 Aprile 2024
Prima dei cartoni animati: le pantomime luminose
Raccontare una storia attraverso delle immagini in movimento può sembrare…